IL BAMBINO SORDO A SCUOLA: DALL'INTEGRAZIONE ALL'INCLUSIONE

ROSARIA LOMBARDINI

Abstract


La sordità potrebbe non essere un handicap, se non fosse per il fatto che viviamo in unasocietà verbale, sviluppatasi, su relazioni e modalità di comprensione della realtà cheimplicano l’uso del codice linguistico fonico-vocale. Gli stessi processi d’insegnamento sonofondati sul Know-that, la descrizione verbale delle modalità di esecuzione di un compito,piuttosto che sul Know-how, la capacità di eseguirlo. A farne le spese, i sordi che, a quasivent’anni dall’approvazione della L. 104/92 che ne formalizzava l’ingresso a scuola, vedonola loro integrazione un processo, sia sul piano affettivo sia su quello cognitivo, tutto inperdita. Ma la ricerca di percorsi educativi capaci di rispondere alle esigenze del sordo,implica la ricerca delle finalità da cui partire, perché in pedagogia sono proprio queste chedeterminano modalità e metodologie. E il concetto di felicità, proposto dalla teoria della“Creazione di valore” di Machiguki, può rivelarsi un utile contributo per riuscire acomprendere che la scuola, per essere veramente inclusiva, deve accettare l’idea delbilinguismo LIS/Italiano, come presupposto metodologico da cui partire. Perché l’uso dellaLIS a scuola ci permette non solo di rompere l’isolamento cui sono condannati i sordi, maanche di favorirne l’apprendimento. L’integrazione diviene inclusiva quando trasforma lascuola in una comunità educante dove tutti possono esprimere ed accrescere le propriepotenzialità senza il timore di essere giudicati.

Parole chiave


sordità; bilinguismo; LIS; segni; pedagogia

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DOI: https://doi.org/10.15162/1970-1861/149

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