N. 1 (2005)

Anno 1. Numero 1. Riconoscimento/Misconoscimento

INTRODUZIONE
Abbiamo scelto di inaugurare la rivista con una riflessione sulla problematica del riconoscimento/misconoscimento, dando conto delle posizioni più significative che nel dibattito filosofico internazionale si vanno confrontando ormai da qualche decennio. Punto di partenza per questa riflessione è il saggio di Jerome Kohn sul tema del male in Hannah Arendt, in particolare su quella forma di misconoscimento radicale del genere umano che sono state Auschwitz e Kolyma. Il Novecento è stato il secolo in cui la politica per la prima volta nella storia si è attestata sulla soglia della distruzione metodica della vita umana e della riduzione pianificata dell’uomo da “animale politico” ad essere puramente biologico. In ultima analisi, tre sono i paradigmi che in materia di riconoscimento/misconoscimento si contendono oggi la scena: il paradigma del riconoscimento vero e proprio (A. Honneth), il paradigma della giustizia (N. Fraser) e il paradigma del dono (A. Caillé e la rivista del MAUSS). Specialmente dai contributi di Alain Caillé e Christian Lazzeri e di Bryan S. Turner si comprende come il tema del riconoscimento/misconoscimento metta in discussione non solo l’intera tradizione delle scienze sociali fino alle più recenti teorie della scelta razionale (rational action theory, RAT) e degli attori in rete (analysis network theory, ANT), ma i modelli dominanti delle filosofia morale e politica, inclusa la grande tradizione giuridica occidentale da Kant a Kelsen. Sebbene da prospettive teoriche diverse, Caillé-Lazzeri e Turner concordano che sia il liberalismo politico di J. Rawls sia la teoria dell’agire comunicativo di J. Habermas appaiono del tutto insufficienti a descrivere-interpretare in termini adeguati la complessità della questione del riconoscimento/misconoscimento non solo sul piano della genesi della soggettività individuale, ma soprattutto su quello delle condizioni sociali e politiche che rendono possibile un rapporto positivo con se stessi e con gli altri. Il saggio di Honneth sviluppa il motivo dell’“autorealizzazione” dell’identità personale mostrando il paradosso che una parola d’ordine come quella della “realizzazione di sé”, in origine carica di una semantica emancipativa, si capovolga nel suo contrario, una volta che venga inscritta nella logica del mercato e in tal modo resa sinonimo di una sempre più diffusa deregolamentazione e precarizzazione dei rapporti di lavoro e dell’uso dei talenti individuali e delle  competenze tecnico-scientifiche. Il paradigma del dono, nella versione di Caillé e dei teorici del MAUSS, indica una via di ricerca del tutto inedita rispetto ai paradigmi egemonici del liberalismo rawlsiano e del cosmopolitismo habermasiano, ma anche rispetto al versante filosofico contemporaneo che ha rielaborato l’antropologia maussiana del dono nella direzione che, volendo usare una formula corrente, possiamo definire dell’“impolitico” nella duplice versione da un lato di Bataille, Blanchot e Derrida in Francia e dall’altro di M. Cacciari e R. Esposito in Italia. Sulla strada aperta dal paradigma del dono sono possibili, invece, sviluppi fecondi sia di una nuova teoria critica della società che passi attraverso una teoria critica della globalizzazione, sia un ripensamento dell’universalismo dei diritti incentrato sulla  vulnerabilità e sulla fragilità del corpo umano, sia infine una riconsiderazione della soggettività individuale alla luce di forme sociali o istituzioni del riconoscimento – anche in senso strettamente costituzionale – che siano intese esse stesse come beni sociali fondamentali.

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Sommario

Articoli

Jerome KOHN
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7 - 26
AXEL HONNETH
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27 - 44
Christian LAZZERI, Alain CAILLÉ
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45 - 75
Bryan S. TURNER,
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77 - 94
FRANCESCO FISTETTI
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95 - 120
ROBERTO FINELLI
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121 - 139
FRANCESCA Romana RECCHIA LUCIANI
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141 - 161
ANTONIO DE SIMONE
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165 - 191
VITO SANTORO
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193 - 215
SERGIO ALLOGGIO
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217 - 224

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