Antropologia culturale per viaggi enogastronomici. Lo sguardo etno-gastronomico in viaggio

Pietro Pagella

Abstract


This paper addresses the role that Cultural Anthropology plays in the education of future gastronomes approaching gastronomic cultures through the act of travel (Lévi-Strauss 1960, Riva 2005, Fasano 2006, Aime 2006) which is intended here as a full- fledged didactic tool (Leed 1992, Buzard, James, et al 2015). What characterizes the profession of the gastronome (Brillat-Savarin 1841) is the ambition to communicate food and food cultures in a holistic way. To do so, by travelling, gastronomes can contextualize gastronomic information and open up a dialogue with people from different backgrounds, geographical areas and cultures. In this regard, gastronomical short travels and journeys create a unique opportunity to meet chefs, food experts and manufacturers. Moreover, travel allows gastronomes to learn through all senses and access places where food is produced, distributed, and consumed (Belasco 2008). These are crucial experiences since the goal of the travelling gastronome is to discover and communicate food cultures (Harris 1990). However, when it comes to travel experiences and food, it seems particularly difficult for gastronomes to adopt categories and terms which are different from those shaped by social media (Appadurai 1996) and the tourism industry (Chambers 2009). The main risk lies in exoticizing food while looking for some form of authenticity. In order to address and re-think the way gastronomes travel and communicate food, the first step is to critically reflect on the most “natural” way to approach travel experiences and investigate the process through which the ‘traveler’s gaze’ is shaped in a gastronomic context. Since most gastronomic adventures are often connoted by strong exotic and pleasure-seeking experiences, it becomes crucial to critically reflect on the mechanisms from which the nostalgia for authenticity in travel (McCannell 2005), the identity obsession (Remotti 2010) in food narratives, or even the insatiable thirst for exoticism (Geertz 1988) arise. Therefore, this paper aims to contribute to the contemporary debate on this topic by proposing some “tips” for non-ethnocentric gastronomic travels. Based on an 8-year ethnographic study carried out by the author as a travel designer at the University of Gastronomic Sciences (Italy), this paper underlines the crucial role played by cultural anthropology in re-shaping the “gastronomic gaze” (Urry 2011) and in changing the traveler’s approach to the study of food cultures. Finally, the paper describes the experience of the academic course Anthropology and Travel for Gastronomes (which has been held since 2020 at the University of Gastronomic Sciences) as a case study designed to encourage an anthropological sensitivity in the students of Gastronomic Sciences. The course is an interactive workshop which aims to discuss travel experiences and develop a new gastronomic sensitivity in order to help students produce and share non-ethnocentric gastronomic knowledge when approaching travel experiences. Therefore, the course challenges future gastronomes with creative weekly tasks based on the main theories of tourism anthropology, fiction travel literature and real travel situations. Ultimately, this encourages students to find their own “voice” and develop storytelling skills on their gastronomic travels.

 

Il presente articolo affronta il ruolo che i saperi dell'Antropologia culturale svolgono nell'educazione dei futuri gastronomi che si avvicinano ai food studies attraverso l'atto del viaggio (Lévi-Strauss 1960, Riva 2005, Fasano 2006, Aime 2006), inteso qui come metodo di apprendimento (Leed 1992, Buzard, James, et al 2015). Ciò che caratterizza la professione del gastronomo (Brillat-Savarin 1841) è l'ambizione di comunicare le culture alimentari in modo olistico. Per riuscire in questo intento, i gastronomi viaggiano con l’obiettivo di promuovere un dialogo di conoscenze tra persone provenienti da aree geografiche e culture diverse, contestualizzando le informazioni gastronomiche raccolte. I viaggi gastronomici, anche di breve durata, offrono l’opportunità unica di incontrare chef, esperti di cibo e produttori alimentari. La dimensione del viaggio permette inoltre di apprendere con tutti i sensi e di accedere ai luoghi in cui il cibo viene prodotto, distribuito e consumato (Belasco 2008). Sono esperienze cruciali per il gastronomo, che lavora per studiare e comprendere le culture alimentari (Harris 1990). Tuttavia, nel comunicare le esperienze di viaggio e cibo, sembra particolarmente difficile per i gastronomi adottare categorie e un vocabolario diversi da quello modellato dai social media (Appadurai 1996) e dall'industria del turismo (Chambers 2009). Il rischio principale consiste, allora, nel continuare a esotizzare l'esistente, perpetuando la ricerca di una qualche forma di autenticità in ciò che viene vissuto. Per affrontare e ripensare il modo in cui i gastronomi viaggiano e comunicano il cibo, il primo passo è dunque riflettere criticamente sul modo "naturale" di approcciare le esperienze di viaggio, indagando il processo attraverso cui si plasma lo sguardo del viaggiatore gastronomo. Poiché la maggior parte delle avventure gastronomiche sono spesso connotate da forti sfumature esotiche e di ricerca del piacere, diventa cruciale inoltre riflettere criticamente sui meccanismi da cui scaturiscono la nostalgia di autenticità in viaggio (McCannell 2005), l’ossessione identitaria (Remotti 2010) nella narrazione dei cibi, o ancora la sete insaziabile di esotismo (Geertz 1988). Per contribuire al dibattito contemporaneo sull’argomento, il presente articolo affronta questi temi proponendo alcuni "consigli antropologici per viaggi gastronomici” non etnocentrici. Basandosi su un'osservazione etnografica di otto anni condotta dall'autore come travel-designer presso l'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche (IT), questo articolo sottolinea il ruolo cruciale svolto dai saperi dell'Antropologia culturale nel rimodellare lo sguardo gastronomico (Urry 2011) del viaggiatore che studia le culture alimentari. Infine, l'articolo descrive l'esperienza del corso universitario Anthropology and Travel for Gastronomes, attivo dal 2020 presso l'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, concepito per invitare i futuri gastronomi a riflettere criticamente sul proprio approccio alle esperienze di viaggio. Per preparare gli studenti a produrre e condividere riflessioni gastronomiche in chiave non etnocentrica, il corso alterna moduli teorici ed esercitazioni settimanali basate sulle principali teorie dell'Antropologia del turismo e della Letteratura di viaggio, spesso prendendo spunto da esperienze realmente vissute dagli studenti. In questo modo, il corso Anthropology and Travel for gastronomes incoraggia gli studenti a trovare la propria "voce" in viaggio, educando a una narrazione gastronomica sensibile ai contesti culturali, ai prodotti e alle persone.


Parole chiave


Food; travel; education; anthropology; storytelling

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DOI: https://doi.org/10.15162/2704-8659/1552

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E-ISSN: 2704-8659