DIALOGO, EVENZIALITÀ LINGUISTICA E VERTICALITÀ POETICA

DARIO DELLINO

Abstract


L'insegnamento risponde spesso ad una logica rappresentativa e identitaria.
Non c'è comunicazione senza mediazione, assunzione di ruoli e responsabilità. Ciò
non significa che il pedagogo non possa mettersi da parte e guardare ciò che sta
facendo e come lo sta facendo. Guardare la funzione pedagogica come una funzione
teatrale può servire da punto di vista esterno. Per usare ironia magari, che della
didattica è l'arma più potente. A teatro il dialogo mostra le sue qualità funzionali e
pretestuose: lo scambio di battute come interrogatorio, conciliazione, conferma o
smentita delle identità. La forma dialogica che viene usata come "garanzia di
validità" per la gran parte delle nostre prassi conoscitive e persuasive è in realtà una
forma dialettica. I luoghi dove l'insofferenza verso la rappresentazione è maggiore
sono i luoghi dell'opera artistica. E' possibile considerare la soggettività come
risultato d'un processo attraverso il quale gli uomini e le parole, rapportandosi e
interpretandosi, si educano reciprocamente. Ribaltando ciò siamo stati costretti a
subire a scuola, c'è da chiedersi se sia possibile invertire il processo di
apprendimento e provare una traduzione dei processi cognitivi partendo dall'opera
d'arte. Capire sintatticamente il senso significa inscriverne la sua decifrazione in una
narrazione temporale. Riuscire a rileggere quelle parole attuali, in quanto fuori dalla
storia è un esercizio utile per ritrovare il senso attuale delle proprie percezioni.

Parole chiave


teatro; forma dialogica; rappresentazione

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DOI: https://doi.org/10.15162/1970-1861/210

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